DAL 04 OTTOBRE 2023: GLI ATTACCHI TURCHI E LE LORO CONSEGUENZE

Report di Heyva Sor a Kurd (Kurdish Red Crescent) – Rojava

La crisi umanitaria nel nord-est della Siria, innescata da 12 anni di guerra civile e dunque non riconducibile solamente agli ultimi attacchi, è un problema che non solo persiste nel tempo ma si è ulteriormente acuito dopo il devastante terremoto di febbraio 2023. Secondo una valutazione delle Nazioni Unite datata alla fine del 2022, quindi precedente all’evento sismico, ben 15,3 milioni di persone richiedono assistenza umanitaria in Siria; di esse, si stima che almeno 5 milioni siano residenti nell’Amministrazione Autonoma del Nord-Est della Siria (Rojava). Nonostante questo, da almeno due anni l’attenzione da parte dei donatori e dei mezzi di comunicazione è costantemente in calo. La conferenza sulla Siria tenutasi a Bruxelles nell’estate del 2023 ha rappresentato una delusione per la popolazione del NES (nord-est della Siria) e per le organizzazioni umanitarie operanti nel territorio. La maggior parte dei finanziatori, che è rappresentata da enti pubblici impegnati in programmi di risposta alle emergenze umanitarie e allo sviluppo, sembra aver erroneamente interpretato la situazione come prossima alla “stabilità”. Noi dissentiamo vivamente da questa valutazione. Il Rojava continua a ospitare migliaia di rifugiati e sfollati interni, l’approvvigionamento idrico è in uno stato disastroso, le attività terroristiche dell’ISIS sono in costante crescita, e non c’è alcuna chiara prospettiva di futuro per la popolazione, mentre le attività criminali aumentano. I donatori potrebbero avere spostato la loro attenzione verso la sostenibilità anziché concentrarsi sulla risposta immediata alle emergenze, ma ciò non implica che la regione sia diventata stabile.

I recenti attacchi turchi hanno causato la distruzione di infrastrutture pubbliche cruciali per la sicurezza. La Turchia ha danneggiato risorse energetiche, petrolifere, idriche e infrastrutture sanitarie, oltre ad aver preso di mira le forze di sicurezza. Saranno richiesti sforzi titanici e ingenti fondi per ripristinare e riportare in funzione le strutture colpite. Nel frattempo, lo Stato turco prosegue indisturbato con i bombardamenti, sfruttando le preoccupazioni legate al conflitto israelo-palestinese. Le continue incursioni dei droni negli ultimi mesi, l’uso delle risorse idriche come arma contro la popolazione, la persistente crisi del colera, l’incremento delle attività dell’ISIS e il crescente numero di sfollati sono tutti chiari segnali che la situazione rimane estremamente critica. Da anni, i finanziamenti umanitari diminuiscono costantemente, e i bisogni devono essere soddisfatti con risorse limitate.
La situazione attuale nei campi, negli insediamenti informali, nei centri di detenzione e nelle prigioni nel Nord e nell’Est della Siria è altamente allarmante. L’Amministrazione Autonoma della Siria del nord-est ospita attualmente decine di migliaia di persone in campi e insediamenti informali sparsi in tutto il Rojava. Questi luoghi accolgono sfollati interni e rifugiati provenienti da zone di conflitto come Idlib o dal sud della Siria, oltre a coloro che hanno perso le proprie case a causa del terremoto. L’elevato tasso di sfollamento ha fatto saturare le capacità di accoglienza dei campi, creando una grave carenza di servizi fondamentali quali assistenza sanitaria, cibo, istruzione e supporto psicologico.

Particolare preoccupazione desta il campo di Al Hol, che ospita quasi 60.000 persone, la maggior parte delle quali fa parte delle famiglie dei membri dello Stato Islamico provenienti dall’Europa. In questa situazione il campo funge già da centro di radicalizzazione per i suoi residenti, con bambini che si stanno trasformando in nuovi adepti dell’ISIS. Le risorse per affrontare questa situazione sono sempre state limitate e la mancanza di operatori umanitari insieme alle pessime condizioni di vita avevano già favorito la radicalizzazione della popolazione del campo. L’attuale aggressione turca non farà altro che aumentare le tensioni in Al Hol e agevolerà le cellule dell’ISIS nei loro sforzi di reclutamento. Le forze di sicurezza, anch’esse bersagliate pesantemente, potrebbero non essere in grado di proteggere adeguatamente gli operatori umanitari all’interno e all’esterno del campo, né di impedire ai residenti di fuggire. L’offensiva turca non solo rafforza la presenza dell’ISIS ad Al Hol, ma anche in zone già vulnerabili come Deir Ezzor, dove le cellule dell’ISIS rimangono attive e contribuiscono a destabilizzare ulteriormente l’intera regione del Rojava.
Le prigioni e i centri di detenzione nel nord-est della Siria ospitano migliaia di membri dello Stato Islamico, inclusi i suoi affiliati internazionali. Le condizioni strutturali e infrastrutturali sono estremamente precarie e le misure igieniche sono disastrose, con il risultato che malattie stanno rapidamente diffondendosi. Lo spazio è insufficiente e gli abitanti rappresentano un pericolo costante, impedendo di conseguenza qualsiasi possibilità di avviare programmi di riabilitazione. All’interno delle carceri, l’ISIS continua a operare e a consolidare la propria presenza.
L’instabilità che caratterizza l’intera regione, causata da 12 anni di guerra civile, dai cambiamenti climatici, dalle persistenti campagne di guerra turche, e soprattutto dall’attuale grave offensiva in corso, crea un terreno fertile per il rafforzamento di Daesh. La radicalizzazione è in costante crescita, così come lo sfollamento, il bisogno di assistenza umanitaria e il numero di rifugiati in cerca di una vita sicura.
Queste instabilità e insicurezza, unite alla notevole diminuzione dei finanziamenti umanitari internazionali destinati al NES a partire dall’inizio della guerra in Ucraina, rappresentano ostacoli significativi per il lavoro delle numerose ONG straniere, fino a impedirne completamente l’attività. Allo stesso tempo, le ONG locali come il Heyva Sor a Kurd (Kurdish Red Crescent) non hanno accesso diretto ai finanziamenti e devono fare affidamento sulla presenza di organizzazioni internazionali sul campo.
L’attuale offensiva turca sta mirando alle infrastrutture civili, colpendo tutti i rifornimenti energetici, le industrie e le aree agricole, interrompendo le strade e danneggiando la catena di approvvigionamento di molti beni essenziali. Al momento della stesura di questo rapporto, a causa dei bombardamenti turchi, la maggior parte delle stazioni elettriche, idriche e di gas nel governatorato di Hasake è fuori servizio a causa di attacchi mirati; ciò sta impedendo a migliaia di persone di accedere all’elettricità, con conseguenze anche sull’accesso all’acqua. Nonostante le difficoltà e il fatto che in passato gli operatori umanitari e le ambulanze siano stati sistematicamente bersagli degli attacchi aerei turchi, non ci resta altra opzione se non quella di continuare la nostra missione e di adempiere al nostro dovere nel fornire assistenza umanitaria a chi ne ha disperato bisogno nel nord-est della Siria.

Danni provocati dalle aggressioni turche:

Energia – Petrolio – Elettricità:

Centrale elettrica di Sweida: tale centrale, gravemente danneggiata il 5 ottobre, è ora completamente fuori servizio. Questa luogo forniva gran parte dell’elettricità necessaria a soddisfare il fabbisogno della regione, rappresentando la sola fonte di alimentazione operante 24 ore al giorno nelle aree settentrionali del governatorato di Al-Hasakah. Forniva inoltre energia di emergenza a ospedali e stazioni petrolifere a Rmeilan, così come ad altre infrastrutture nodali. La centrale era anche responsabile della distribuzione di 13.000 bombole di gas al giorno in tutta la regione nord-orientale della Siria. Le stime delle autorità prevedono costi di riparazione che supereranno i 50.000.000 di dollari USA.

Non solo la centrale di Sweida ha subito danni significativi, ma anche sei sottostazioni elettriche hanno riportato danni considerevoli: la stazione di Amouda, la stazione settentrionale di Qamishli, la stazione di Sayyida, le stazioni di Zaraba, la stazione di Qahataniya e la stazione occidentale della diga di Al-Hasakah. I costi previsti per le riparazioni di ciascuna stazione variano da 1.000.000 a 1.500.000 dollari USA.
Senza l’apporto di elettricità proveniente dalla centrale di Sweida, il sito di Rmeilan, uno dei luoghi cruciali per il pompaggio e la raffinazione del petrolio, è attualmente fuori servizio, e non è chiaro quando potrà riprendere le operazioni. Nel governatorato settentrionale di Al-Hasakah sono stati colpiti oltre dieci impianti e siti petroliferi.

In Rojava, il numero complessivo di persone vittime dalla crisi energetica supera il milione.

W.A.S.H (water, sanitation and hygiene – acqua, sanità e igiene):

La stazione idrica di Alouk, che aveva da poco ripreso a funzionare in modo limitato e discontinuo dopo essere rimasta chiusa per quasi un anno, è nuovamente fuori servizio a causa di un’interruzione dell’approvvigionamento elettrico. Dal 2019 questa stazione è sotto il controllo turco e i suoi problemi di funzionamento colpiscono ben 650.000 persone nelle zone di Hasakah e dintorni, compresi i campi circostanti.
Contemporaneamente, la stazione idrica situata nell’area di Al-Himme, nella città di Hasakah, la quale riceve l’acqua da Alouk, è stata oggetto di un pesante attacco, con due membri del personale feriti e costretti a un immediato sgombero. Attualmente questa stazione è completamente fuori uso.
La stazione idrica presso la diga di Safan, una fonte d’acqua vitale per i sottodistretti di Qamishli, Qahtaniyah, Jawadiyah e Malikiyah, che dipendeva dall’elettricità fornita dalla stazione di Sweida, è ora a sua volta inattiva.
Tali danni avvengono all’interno del contesto più ampio della crisi in Rojava e si sommano alle gravi problematiche legate alla limitazione del flusso dell’Eufrate nella parte siriana e all’eccessiva dipendenza di questa regione del Kurdistan da risorse idriche sotterranee limitate.

SALUTE:

Come tutte le strutture pubbliche della regione, i centri sanitari nelle aree di Derik, Qamishlo, Hasake, Amuda e Dirbasiya stanno subendo le gravi conseguenze dell’interruzione dell’approvvigionamento elettrico dalla loro fonte principale. Le risorse mediche che richiedono un costante raffreddamento, come i vaccini, l’insulina e il sangue, sono a rischio di deterioramento, se non sono già danneggiate.

Quarantacinque centri sanitari situati nel governatorato di Hasake hanno segnalato danni significativi a causa degli attacchi turchi, tra cui i presidi nei campi di Roj (nella regione di Derik) e di Washokani ad Hasake, quest’ultimo direttamente colpito dai bombardamenti. Senza un flusso costante di energia elettrica, le strutture sanitarie e i magazzini sono esposti a rischi gravi.
Gli ospedali e le cliniche dipendono fortemente dall’energia elettrica per far funzionare dispositivi essenziali come generatori di ossigeno, ventilatori, incubatrici, macchine per la dialisi e macchine per le radiografie. Le interruzioni di corrente possono interrompere il corretto funzionamento di questi dispositivi fondamentali, mettendo a serio rischio la vita dei pazienti. La carenza d’acqua rischia inoltre di ostacolare le pratiche igienico-sanitarie adeguate degli operatori sanitari, incrementando il rischio di infezioni e la diffusione di malattie. In particolare, i focolai di infezione, comprese le malattie trasmesse dall’acqua come il colera e le infezioni associate all’assistenza sanitaria, possono diffondersi più facilmente in ambienti con infrastrutture idriche e igieniche inadeguate, con gravi conseguenze per la salute dei pazienti, degli operatori sanitari e della comunità.
E’ inoltre importante notare che l’ex Centro sanitario Covid-19 di Derik e Kobane, così come l’ex Centro sanitario Covid-19 vicino a Qamishli, sono stati tutti oggetto di attacchi mirati. Le ambulanze della Mezzaluna Rossa curda sono state coinvolte nel trasferimento di 31 feriti nelle regioni citate, senza contare le vittime militari e i deceduti.

Ex centro Covid-19 nella regione di Derik

Sfollati, campi e sicurezza alimentare

Tre degli attacchi avvenuti il 5 ottobre hanno colpito nelle vicinanze del campo IDP (sfollati interni) di Washokani, che attualmente ospita più di 10.000 sfollati. La stragrande maggioranza di chi risiede in questo campo (il 90%) fuggì da Serekaniye a causa dell’invasione turca del 2019. Al momento dei bombardamenti coi droni rappresentanti di numerose organizzazioni umanitarie locali e internazionali si trovavano nel campo. Questi attacchi sono anche avvenuti nelle immediate vicinanze di strade frequentemente utilizzate dagli operatori umanitari per raggiungere le popolazioni vulnerabili in altre località.

Finora non sono stati segnalati sfollamenti legati ai bombardamenti, probabilmente perché le zone prese di mira sono state principalmente infrastrutture nodali. Col persistere dell’escalation del conflitto, Il rischio di sfollamenti aumenterà. Ogni ulteriore intensificazione delle ostilità avrà un impatto negativo anche sulla fornitura di aiuti umanitari. Dal 5 ottobre, diverse organizzazioni che forniscono servizi vitali hanno limitato le loro attività, sia quelle di routine che quelle di soccorso. Se questa situazione perdura, la continuità nell’erogazione dei servizi non potrà essere garantita a causa dei rischi operativi e delle preoccupazioni per la sicurezza del personale e dei beneficiari.

Panifici, silos e mulini in quattro sottodistretti – Qamishli, Qahtaniyah, Malikiyah e Jawadiyah – dipendono completamente dall’elettricità fornita tramite la linea dei servizi proveniente dalla stazione di Swediyeh, operante ininterrottamente 24 ore al giorno. L’indisponibilità della stazione di Swediyeh ha un impatto devastante non solo sulle strutture di questi sottodistretti ma anche sulle vite di quasi 500.000 persone che ne dipendono. Rapporti recenti confermano che, per far fronte a questa crisi, è stato necessario utilizzare generatori per garantire la continuità delle operazioni.

La prolungata situazione di ostilità rischia di ostacolare l’accesso a oltre 3.500 agricoltori in 10 sottodistretti (su un totale di 25.000 nell’intera regione del NES) ai loro campi di grano, che devono essere preparati per la stagione di semina in ottobre. Questi ritardi potrebbero avere un impatto devastante sulle future rese dei raccolti. La riduzione della produzione di petrolio e l’aumento dei prezzi del carburante influiranno inoltre negativamente sull’irrigazione e su altre pratiche agricole essenziali.

Da notare che sono stati presi di mira oltre 8 cementifici e silos di grano nelle zone rurali di Kobani, Amouda, Qamishli, Al-Hasakah, Derik e in aree agricole, causando danni significativi e la perdita di oltre 250 capi di bestiame. Questi attacchi hanno privato la regione di risorse vitali e costretto oltre 1.500 lavoratori e agricoltori a perdere i loro mezzi di sostentamento.

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