BATTAGLIE INVISIBILI: La riabilitazione degli affiliati ISIS e la costruzione di una cultura democratica nei territori da cui provengono.

Ringraziamo Staffetta Sanitaria per la traduzione di questo prezioso rapporto del Rojava Information Center.

INVITO ALLA LETTURA:
“Recentemente i mass media, anche italiani, hanno sbrigativamente riportato notizie di amnistie generalizzate nei confronti di affiliati all’ISIS, dando l’idea di una sorta di capitolazione dell’Amministrazione autonoma del nord-est della Siria (AANES) nella gestione di decine di migliaia di persone macchiatesi di gravi crimini. Quasi contemporaneamente è uscito il libro di Sara Montinaro “Daes – Viaggio nella banalità del male” (nota 1) che ha descritto in modo molto approfondito il background storico, culturale e religioso che ha consentito ad ISIS di conquistare ampi territori dell’Iraq e della Siria instaurandovi uno Stato che, attraverso una l’imposizione di disposizioni che si richiamano alla Sharia ha legittimato e “sacralizzato” la “banalità del male”. Nello stesso libro vengono descritti con molti dettagli i principali campi profughi in cui gli affiliati e le affiliate di ISIS sono detenuti.

Questo rapporto del RIC  è in qualche modo una prosecuzione dei temi perché prova a rispondere alla fatidica domanda “che fare con le migliaia di detenuti e detenute ISIS” che, per altro, nella maggioranza dei casi sono donne e minori? Nel Rapporto RIC precisa cosa, attualmente si sta facendo, con tutti i limiti delle modeste risorse a disposizione, si potrebbe e dovrebbe fare.

Proviamo a sintetizzarne alcuni aspetti significativi:

  • Gli affiliati ISIS non sono un blocco unico, ma andrebbero differenziati in funzione del loro grado di radicalizzazione, delle motivazioni di adesione all’ISIS, del loro genere e classe di età;
  • In funzione di questa differenziazione è stata promossa un’amnistia che ha riguardato primariamente le persone più anziane o malate, quelle che si erano macchiate di crimini più lievi, concordando tale processo sia nell’ambito del sistema di governance del NES sia con le Comunità di appartenenza in cui queste persone sono rientrate;
  • Nel ricordare che il NES è l’unico paese dell’area che ha abolito la pena di morte e l’ergastolo (il massimo della pena arriva a 20 anni), questo processo non ha potuto essere esteso istituzionalmente all’Iraq ed alla Siria di Assad dove invece vengono svolti processi sommari che spesso terminano in condanne a morte;
  • L’AANES si trova comunque a gestire migliaia di detenuti e detenute con risorse assai limitate, compresi gli affiliati di origine occidentale che rappresentano i più radicalizzati e questo comporta enormi difficoltà per la realizzazione di programmi di “riabilitazione” estesi;
  • L’obiettivo principale di questi programmi è, come spesso specificato nel Rapporto un “cambio di mentalità”, inteso come modifica del quadro cognitivo di rappresentazione del sé e del contesto e che può intervenire solo a seguito dell’interiorizzazione di nuovi stimoli percettivi che rendono inadeguata la precedente lettura della realtà;
  • Questo implica la possibilità di avere strutture in cui si possano differenziare i detenuti, ad esempio fra quanti hanno aderito ad ISIS per motivi economici, donne che hanno seguito i loro compagni, bambini ed in genere minori.  e si possano organizzare attività finalizzate e mirate;
  • Non è un caso che gli “esempi di successo” riportati riguardino i minori (vedi in seguito Centro Huri) ed esperienze realizzate con le donne in cui si mette in gioco l’interazione personale e si promuovono attività educative, ludiche e formative;
  • Il rapporto evidenzia anche i casi di recidiva e la necessità di un monitoraggio caso per caso, ma soprattutto richiama l’attenzione e la richiesta di supporto internazionale (agenzie ONU, ONG ecc.) per garantire standard di trattamento adeguati e una formazione mirata del personale che deve affrontare e gestire questi processi complessi;
  • Evidentemente questo implica la rimozione dell’embargo degli stati confinanti, il riconoscimento dell’AANES come destinataria diretto del supporto umanitario, fondamentale anche per la popolazione tutta, e la fine delle incursioni, queste si terroristiche, della Turchia e dei suoi alleati islamisti e il suo ritiro delle zone occupate della Siria e dell’Iraq.

Con questa attività di documentazione Staffetta vuole promuovere una comprensione più approfondita delle sfide che il NES affronta e vuole proporre una “narrazione” che vada oltre il clichè della “guerra infinita”, che pure incombe su milioni di persone che vivono ed affrontano problemi di quotidiana sopravvivenza in questi territori. I valori fondamentali che la rivoluzione del Rojava promuove potranno sopravvivere ed essere da esempio per altre popolazioni se la solidarietà attiva e concreta aiuterà l’ANEES anche a rispondere adeguatamente ai bisogni dei popoli del NES.”